TEMPO COME OCCASIONE – Lettera del Rettore
I BAMBINI NEI CORTILI
Un caro amico nei primi giorni di “misure speciali per il coronavirus” mi ha scritto raccontandomi il suo stupore: “Ci sono tantissimi bambini per le strade, nei cortili, nei campetti di calcio improvvisati con due zaini per parte a delimitare la porta. È come se la natura che da un lato ci spaventa con qualcosa di invisibile, dall’altra ci richiami a riscoprire cioè che non vedevamo più. Oggi i bambini sono liberi da lezioni, sport, catechismo, e tutto ciò che noi pensiamo sia il bene-per-loro e forse, dico forse, a volte, è solo il bene-per-noi. E poi ci sono le chiese. Chissà che adesso che ci è impedito di entrarci non si scopra il desiderio di tornarci”.
Quando ho letto il suo messaggio mi sono detto: “Ecco, vedi, ogni tempo è un’occasione provvidenziale”.
Non intendo sminuire la situazione. Anche io sono preoccupato e penso a coloro che stanno affrontando questa emergenza: il personale sanitario in primis, i nostri politici che hanno una grande responsabilità sulle spalle, le forze dell’ordine, le aziende, i lavoratori, i giornalisti impegnati a cercare di dare notizie corrette: per tutti loro questo sarà un tempo di prova e per questo gli dovremo essere grati.
Eppure continuo a pensare che anche questa sia un’occasione provvidenziale che stimola a riflettere su “cosa fare” oltre a seguire le indicazioni sanitarie provenienti dalle diverse Istituzioni.
Ascoltare e accogliere la propria fragilità
La mia prima proposta? Guardare e ascoltare di più. Complice il fatto che ci sarà meno rumore e minori spostamenti, saremo chiamati a stare anche un po’ più tempo da solie avremo l’occasione di ascoltarci.Ascoltare noi stessi in maniera autentica e coraggiosa, accogliere la nostra fragilità (che questa situazione sta facendo senz’altro emergere) e provare a capire come saremo noi, alla fine di tutto questo.La cosa decisiva e, per certi versi preziosa, è che non saremo uguali a prima. Saremo uomini e donne migliori o peggiori. Se è vero che non possiamo scegliere di ammalarci oppure no, dobbiamo invece scegliere come affrontare questa esperienza.
Empatia
Abbiamo una seconda grande opportunità: capire cosa provano altri. Perché stavolta capita a noi. Che comunque abbiamo la fortuna di essere in una zona del mondo ben attrezzata, organizzata, e dotata di strumenti e risorse.
Alla “globalizzazione dell’indifferenza” possiamo provare a sostituire un’empatia solidale. Quando sentiamo di attentati in Medio Oriente, di epidemie in Africa, di alluvioni in Asia, di restrizione di libertà in America del sud, forse sapremo fermarci un po’ di più a meditare, sentire compassione e magari pregare. Pur continuando a non sapere molte cose, sapremo un po’ di più cosa provano questi nostri fratelli quando non si sentono più al sicuro per sé e per i propri figli. O almeno possiamo provarci.
Fratelli che stanno anche oltre il nostro pianerottolo o seduti nel banco di scuola vicino al nostro. Continueremo a non sapere molte cose di loro. Ma almeno in parte, ora, sapremo cosa provano quando li abbiamo esclusi o presi in giro, indeboliti nelle loro convinzioni e nei loro tentativi di ricordarci cosa sarebbe stato bene fare.
La fatica e la necessità della rigorosità
Di fatto abbiamo davanti anche un’altra opportunità. Quella di capire meglio che cosa sia la scienza e la scientificità, riscoprendo il valore del sacrificio, dell’impegno e della rigorosità proprie di queste discipline. La verità scientifica è frutto di un lavoro duro, quotidiano e meticoloso.
Questo tempo ci può condurre a ripensare seriamente allo studio, maturando una migliore coscienza di quanto la verità sia una conquista e un dono. La verità scientifica richiede come minimo di avere “i fondamentali”: non basta che ora ci “informiamo” su tutto ciò che sono i virus. Servono altre conoscenze attorno. Serve la chimica, la matematica, la fisica. Ma serve anche la storia (non a caso ora ci ricordiamo della Influenza Spagnola?), la letteratura (pensate a come è nato il Decamerone), e senza scomodare troppo il Buon Dio, anche un po’ di teologia.Perciò mi sento di dire che un bel modo per affrontare questa crisi è continuare il più possibile a fare bene e meglio ciò che è nostro dovere. I nostri compiti (in tutti i sensi).
TeleScuola – per continuare a tessere relazioni
Infine, se davvero abbiamo l’occasione di sentirci più umani e più vicini nonostante (e forse proprio attraverso) le distanze, allora mi sento di chiamare in causa la scuola e invitarla a usare questo tempo per tessere meglio le nostre relazioni. Abbiamo mezzi che con la creatività possono generare occasioni speciali di crescita, di approfondimento e, perché no, di recupero dei contenuti, della didattica. Ognuno liberamente dal suo pc, dal suo smartphone può inventarsi il modo di rinsaldare i legami, di appassionare ulteriormente. Si discute già se, una volta tornati a scuola, recupereremo le ore perse. Si parla di percentuali, di decreti…Siamo davvero incredibili, resistenti alle nostre abitudini ripetitive! Il mio invito invece è a discutere su come non perdere i contatti tra di noi, di come proprio la scuola possa far diventare occasione questo momento. Mi immagino il professore di filosofia che ci aiuta a capire il concetto di “Cigno Nero”, oppure quello di storia che ci aiuta a capire il rapporto tra i cambiamenti climatici e l’aumento di situazioni di destabilizzazione politica, oppure semplicemente l’insegnante di scienze che ci aiuta a capire cosa è un virus. Magari l’insegnante di inglese ci aiuta a ripassare i paradigmi e basta che va bene anche quello. Magari quello di religione ci aiuta a ricordare perché è nata la Quaresima e perché gli uomini e le donne del passato si prendevano volontariamente dei periodi di “quarantena spirituale”.
Sono curioso di vedere cosa possono fare i nostri studenti e i nostri insegnanti. E anche se non faranno niente va bene lo stesso. Ci sono cose importanti che avvengono lo stesso: “Gesù diceva: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa” (Mc, 4,26).
Permettetemi infine di dire che questo tempo può essere davvero prezioso per riscoprire il nostro rapporto con Dio. Niente prediche. Vi consiglio di fare una cosa che potrà sembrarvi strana: andate su Netflix. E guardatevi il film “I due Papi”. Più semplice e moderno di così…
Don Luciano Manenti
Rettore Scuole Opera Sant’Alessandro